I documenti di archivio necessitano di seri programmi di conservazione e valorizzazione.

di Oriano Landucci, Presidente della Fondazione Banca del Monte di Lucca

Si dice spesso che il patrimonio artistico culturale è il petrolio della nostra Italia. Esso è davvero una ricchezza eccezionale per le sue dimensioni, ma anche per la sua peculiare diffusione sull’intero territorio nazionale: ogni città italiana possiede la sua specifica dotazione artistica, direi proprio la sua identità artistica culturale. In tale contesto Lucca non fa di certo eccezione. La sua storia, che parte da molto lontano, non è la storia di una qualsiasi città: è la storia di uno Stato.

Lucca è stata città-Stato autonomo per sette secoli e la sua arte, ma anche la sua cultura, le sue tradizioni ed il modo di pensare dei suoi cittadini ancora testimoniano tale identità. Alla notevole ricchezza artistica e storica visibile in ogni angolo della città non si può non aggiungere l’eccezionale patrimonio documentale che conserva nei suoi archivi statali, comunali e diocesani. Il 50% del patrimonio archivistico mondiale sui longobardi si trova a Lucca, presso l’archivio diocesano. Come per qualsiasi opera artistica e culturale, i documenti di archivio necessitano di seri programmi di conservazione, valorizzazione e fruibilità. La digitalizzazione degli archivi dovrebbe essere uno degli impegni primari da assumere da tutto il mondo istituzionale e privatistico che ruota intorno al mondo della cultura. Prendere coscienza e cura degli archivi parrocchiali della Diocesi di Lucca permetterebbe, per esempio, di riscrivere diverse pagine della nostra storia. Certamente le Fondazioni di Origine Bancaria (FOB) dovrebbero avere un ruolo essenziale di sostegno e di stimolo, affinché il programma di conservazione, valorizzazione e fruibilità del nostro patrimonio artistico culturale diventi un obiettivo primario per l’intera collettività e per lo stesso Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE).

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