Capitale Italiana della Cultura: la dimensione sociale

di Marzio Favero, Sindaco di Montebelluna

L’elaborazione del dossier presentato da Montebelluna per la Candidatura a Capitale Italiana della Cultura si è offerta come una grande occasione per mettere in rete le istituzioni culturali della città: la biblioteca, il museo civico di archeologia e scienze naturali e il museo dello sportsystem – espressione del nostro distretto produttivo della calzatura e dell’abbigliamento sportivo, che è ancor oggi di riferimento internazionale con i suoi marchi perché fonde assieme artigianato, impresa e design, e internazionalizza la città, che vive la massima sociologica del “chi scambia, cambia” concependo la cultura in senso pragmatico: le idee si brevettano e garantiscono il vantaggio competitivo.

È una visione che ben si rifà alla teoria espressa alcuni anni fa dal professor Pierluigi Sacco quando sosteneva che in Italia abbiamo la tendenza a considerare la cultura come l’anello terminale della catena di produzione del valore – il tempo da dedicare alla lettura e agli spettacoli o all’impegno per la tutela dei beni culturali, – mentre dovrebbe essere intesa quale anello iniziale della catena di produzione di valore, la
matrice di elaborazione delle idee che sottostà alle scelte fondamentali di un soggetto singolo o collettivo nella pluralità delle dimensioni del vivere.

Quando si afferma un’idea nuova in una comunità, essa ne modifica lo stato d’esperienza e, quindi, il dispiegamento spaziale delle funzioni che la denotano e connotano. In Veneto lo sviluppo tumultuoso delle imprese ha generato l’avvento di reti urbane di difficile interpretazione anche per gli esperti che si profondono in definizioni quali città diffusa, città infinita o nebulosa insediativa. Abbiamo creato una specie di metropoli che, però, non ha le caratteristiche di quelle tradizionali. Come si affronta la sfida della rigenerazione di funzioni e spazi di un paesaggio mutato?

A Montebelluna stiamo mettendo a disposizione le competenze delle nostre diverse istituzioni culturali per far scattare dei cortocircuiti virtuosi fra i sistemi dell’impresa, della finanza, delle associazioni di categoria, della formazione e dell’amministrazione pubblica. Il dialogo ha prodotto risultati significativi: l’attivazione di nuovi indirizzi di istruzione secondaria e di due corsi ITS, la revisione delle politiche urbanistiche in funzione della qualità del progetto e non della speculazione, la rigenerazione del centro città grazie alla pedonalizzazione che ha restituito le piazze ottocentesche alla loro funzione originaria mercatale e culturale, e la rilettura complessiva dei rapporti fra Montebelluna e i comuni contermini che è giovata a mutare il paradigma di interpretazione di un ambito territoriale divenuto ormai omogeneo.

La nuova visione urbana si è rivelata utile ai fini della partecipazione al bando di finanziamento europeo POR-FESR 2014-2020 promosso dalla Regione Veneto. Montebelluna è entrata a far parte della famiglia delle sei autorità urbane in Veneto. Cinque sono ovvie: Venezia, Padova, Treviso, Vicenza e Verona. Mentre Montebelluna è la singolarità che si offre quale test sperimentale in ordine al governo delle neocittà – cresciute non concentricamente ma in modo reticolare attraverso la cucitura di comuni limitrofi fra loro, nel nostro caso una decina – sui temi della smart city, dell’inclusione sociale e del trasporto urbano sostenibile, per un investimento di circa 17 milioni di euro. La cultura genera anche economia.

Chiudo annunciando che a novembre inaugureremo il MEVE, il Memoriale veneto multimediale dedicato alla Grande Guerra, nella restaurata Villa Correr Pisani che sorge ai piedi del Montello, luogo che fu teatro di combattimenti decisivi e oggi è il crocevia degli itinerari ecomuseali storici dispiegati in Veneto dalla Regione. Il MEVE vuole ricordare che l’alternativa all’unione continentale è stata, dagli albori della storia, la guerra perpetua e che l’Europa vera, emblema di civiltà, non è mai stata quella degli Stati, bensì delle Città della cultura. Ecco perché l’idea di dar vita a una rete di Città che oggi scommettono sulla cultura in Italia e in Europa è il miglior antidoto allo scetticismo indotto dall’euro-burocrazia.