La riforma del sistema dello spettacolo: le linee guida individuate dal Consiglio Superiore dello Spettacolo

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di Lucio Argano, Presidente del Consiglio Superiore dello Spettacolo

In occasione di questo incontro, nell’ambito di LuBeC 2020, nonostante le preoccupazioni per il Covid19 che ha riflessi importati sulla tenuta dell’intero settore dello spettacolo, piegato dalle chiusure e dalle misure di contenimento, è importante riprendere il discorso prospettico delle norme primarie, inaugurato con la Legge 175 del 2017 (Codice dello Spettacolo). Come è noto, si è in attesa che riparta la delega al Governo per la stesura dei decreti attuativi.

Finalmente si completerà un quadro legislativo molto atteso (alcune discipline hanno norme vetuste come la musica e il circo, altre non ne hanno affatto e vivono grazie alle circolari prima e al DM oggi). Come Consiglio Superiore dello Spettacolo, organo istituito dalla L.175/2017 con il compito di fornire pareri al Ministro e supportarlo nei fenomeni conoscitivi settoriali, abbiamo iniziato alcune riflessioni, ad esempio attorno al tema del lavoro, una problematica emersa drammaticamente proprio nel lockdown.
Rispetto al Codice e ai decreti attuativi credo che si ponga una questione di metodo e di merito. Il metodo reclama un processo di ascolto, confronto, ricostruzione e analisi dei punti chiave, delle priorità, con un’autentica ottica sistemica. Serve senso delle prospettive, considerando le lezioni apprese (dal passato e dal presente) e attraverso una ricognizione puntuale di fenomeni sostenuti da dati oggettivi.

Nel merito, credo che vadano poste alcune questioni chiave:

1. La legge 175 ha in filigrana l’ossatura del DM triennale del 2014 come soggetti e modalità di sostegno.
Va fatto un grosso “tagliando” a questa impostazione, nei meccanismi e rispetto a ruoli e funzioni dei
soggetti più grandi (come Teatri Nazionali o Teatri di tradizione), superando magari i generi canonici, con
più osmosi tra categorie.
2. Serve definire chiaramente le competenze tra Stato, Regioni e città, rammentando le richieste di autonomia
di alcune Regioni post referendum anche sullo spettacolo.
3. Serve una riforma delle Fondazioni lirico sinfoniche (la L.367 è risultata inidonea rispetto alle peculiarità
dei territori) per non inseguire logiche di emergenza e di tampone, partendo dalla missione, affrontando i
nodi strutturali, rivedendo il modello e le funzioni da adeguare al ruolo e all’identità storica ma anche alla
società contemporanea.
4. Da incentivare le logiche collaborative (oltre la coproduzione), il networking multilaterale, le residenze
5. Da comprendere come sostenere la domanda e il mercato, il tema dei pubblici del domani. Oggi c’è troppa
enfasi sulla produzione.
6. Urge non dimenticare il tema della semplificazione amministrativa e dell’armonizzazione fiscale.
7. Serve valorizzare il rinnovamento della scena e il ricambio generazionale (pratiche, drammaturgia, opere,
artisti, livelli apicali istituzionali) dato che le misure come gli under 35 non sono sufficienti.
8. Va disciplinato il lavoro come legittimazione, contrattazione, qualificazione, partendo magari dalla
risoluzione del Parlamento Europeo del 7 giugno 2007 sullo statuto sociale degli artisti.
9. Analoga attenzione va all’internazionalizzazione oggi troppo bassa e frammentata
10. Da capire il rapporto con la scuola e chi gestirà il 3% previsto dalla legge.
Sullo sfondo c’è infine il collegamento al riconoscimento dell’impresa creativa e culturale, il tema del
riequilibrio tra territori e disciplinare quanto ulteriormente riaffermato dalla 175 (bande, canzone d’autore,
rigenerazione di luoghi, adeguamento tecnologico, turismo, scuole di danza).