Liquilab e le Stanze della memoria

di Ornella Ricchiuto, Ricercatrice in Antropologia Culturale, Liquilab

Gli spazi hanno un potere di significazione: parlano in silenzio racchiusi in una mobilità statica. Ci sfidano ad ascoltarli immergendoci tra la stratificazione delle pietre e dei colori delle pareti, nonché a toccarne gli oggetti della memoria materiale e immateriale. Spazi che ci invitano a rispolverare il nostro essere, la nostra storia presente e passata e a immaginarne un futuro.

Liquilab e le Stanze della memoria è una vecchia casa contadina del ‘600 con volte a botte e a stella, uno spazio che ci accompagna in un viaggio tra le crepe di un rione popolare di Tricase, “u puzzu”.

Questa è la casa da mamma “Ntonia e du tata Peppi”, Maria Antonia Buonavita (11 giugno 1981) e Giuseppe D’Amico, soprannominato “campana” (28 gennaio 1890). Qui sotto c’è una cantina che usavano come deposito e sulla sinistra, prima di entrare in casa, c’era una “casedda” dove riponevano la legna. Varcata la soglia d’ingresso, entravi nella prima stanza, dove c’era la cucina, allora nu focalire, e il letto matrimoniale. La seconda stanza era puntellata di chiodi, dove si appendevano i chiuppi, foglie del tabacco raggruppate, e c’era una ciuccia, un’asina, che Giuseppe – furese, contadino – tenne solo per poco tempo. Dal matrimonio nacquero Andrea – che morì giovane, a causa di uno spavento per essere stato investito dalla “ciuccia” che possedeva la famiglia – Cosimina e Lucia. Lucia, erede di questa casa, non ne voleva sapere di andare in campagna a lavorare; perciò, fu mandata da una maestra sarta e qui ci visse fino al 1953 circa, prima di sposarsi con Vito Ricchiuto, nato e vissuto sempre susu u puzzu. Dopo il matrimonio a Tricase, emigrarono a Bari e dalla loro unione nacquero Luigi e Giuseppe, quest’ultimo erede e custode attuale della casa.

Petre, parìti, chiodi, nicchie, focaliri, scanzìa, curte, cunti, racconti, memorie… questo luogo denso di patrimonio materiale e immateriale ha resistito nel corso dei secoli anche all’esplosione che colpì u Puzzu il 4 ottobre del 1964.

Conservando le radici familiari e la storia del borgo Puzzu, oggi questa casa si trasforma, insieme alle comunità patrimoniali salentine, in uno spazio di fruizione di materiali audiovisivi prodotti da Liquilab – organizzazione che si occupa di ricerca, recupero, salvaguardia, valorizzazione e diffusione del patrimonio culturale nel sud Salento – e dagli Archivi di Antropologia Visiva, storici e contemporanei, dell’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale del Ministero della Cultura; un progetto partecipato per la valorizzazione e diffusione del patrimonio culturale intangibile del sud Salento attraverso l’immersività e la realtà virtuale.

Un bagaglio colmo di “umane dimenticate istorie”, così definite dall’antropologo Ernesto de Martino, frutto di ricerche antropologiche condotte da Liquilab e restituite alle comunità anche mediante varie forme d’arte e salvaguardate nell’Archivio Liquilab dichiarato di interesse storico particolarmente importante (D.Lgs. n. 42/2004).

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