Nuove forme di fruizione: il caso del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia

#inclusione #publicengagement #musei

Intervento di Valentino NizzoDirettore Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia

Buongiorno, oggi abbiamo affrontato diversi temi come la partecipazione, il benessere, il digitale. Se volessimo banalmente ricordare l’etimologia di quest’ultima parola, “digitale” deriva ovviamente dal termine latino per le “dita”, ossia, traslatamene, l’arte di contare con le mani e rappresentare la realtà astraendola.

Dovendo affrontare il problema della chiusura del Museo mi sono posto diverse domande: tra queste il fatto di essere un servizio pubblico essenziale e, quindi, tenuto a continuare ad esistere anche da chiuso, con l’obbligo di perseguire una specifica missione, ricreare per quanto possibile un’atmosfera di normalità e, soprattutto, far star bene le persone. Per queste ragioni, durante tutto il lockdown abbiamo voluto sperimentare nuove forme di comunicazione cercando di offrire contenuti che supplissero all’impossibilità di visitare il museo fisicamente. Nel pre-Covid abbiamo realizzato molti video e coinvolto il pubblico in contest – come quello divenuto popolarissimo di #Etruscopri – nei quali arrivavamo anche a mettere in palio abbonamenti per chi era in grado di riconoscere l’opera misteriosa mostrata a inizio settimanale e poi svelata il venerdì con un video di approfondimento pubblicato in forma integrale sul nostro canale YouTube Etruschannel; lo si faceva infatti a tappe utilizzando più social contemporaneamente. La cosa è stata molto apprezzata e ci ha consentito di arrivare al lockdown dell’8 marzo con un bacino di utenti rilevante. YouTube è risultato il social media più vicino all’esperienza tradizionale di visita del museo; senza improvvisare abbiamo dunque intrapreso una direzione che avevamo già ampiamente sperimentato e che ci aveva dato molte soddisfazioni. Una mia recensione video al film “Il Primo re”, ad esempio, mi ha portato ad essere chiamato come consulente scientifico del regista Matteo Rovere per la realizzazione della serie televisiva Romulus che ci ha portato dentro l’VIII secolo a.C. anche attraverso ricostruzioni direttamente ispirate ad alcuni dei reperti conservati nel nostro museo. Dunque, da un media legato a un museo si può arrivare ad un altro media molto più potente, quello televisivo, utilizzando come collegamento la condivisione di contenuti scientifici. Così riusciamo a raggiungere pubblici molto differenti. Sin dai primi video lanciati durante il lockdown (il primo risale a pochissime ore dopo la chiusura) ho cercato di dare un segnale invitando gli spettatori virtuali a seguirmi in un percorso di diretta attraverso le sale la cui particolarità è stata quella di generare opportunità di fruizione del museo simili a quelli in presenza, anche grazie alla componente interattiva, che invitava il pubblico da casa a guidarmi e a pormi domande su ciò che inquadravo o che mi chiedevano di inquadrare. L’interazione con il Direttore, l’unico autorizzato in quel momento oltre la guardia a uscire di casa e ad andare al museo, è stato uno strumento per dare benessere alle persone, come molti ci hanno confermato anche a distanza di mesi. Mi muovevo nel museo e venivo seguito dal pubblico a casa. In piena fase di lockdown è stato anche molto apprezzato l’esperimento di portare le persone in auto con me nel tragitto da casa al Museo; tale percorso è infatti diventato l’opportunità per raccontare il paesaggio e le testimonianze mitiche, storiche e archeologiche di una Roma primitiva, fatta di santuari, fiumi, boschi, laghi e leggende. In questo modo chi mi ha seguito ha potuto vedere in diretta non solo una città eccezionalmente spopolata a causa della pandemia, ma anche ripercorrerne la sua storia più antica e, per molti, ancora misteriosa. Queste dirette hanno generato divertimento, è stata un’esperienza profondamente empatica. Quale il senso? Toccarci senza poterci toccare, vederci senza poterci guardare, tenere letteralmente nelle mani “persone” grazie al mio cellulare e utilizzarlo per portarle con me fuori dalle loro case. Lo strumento digitale è diventato un’estensione del nostro corpo, una lente di ingrandimento, una proiezione di noi stessi. Dunque dirette e registrazioni mi hanno anche reso ancor più consapevole che quello che molti di noi hanno per la prima volta sperimentato eccezionalmente con la clausura forzata provocata dal Covid per molti altri, purtroppo, è la normalità. Molte persone, infatti, non possono accedere ad un museo, per motivi fisici, di salute, sociali o economici, e questo lo sappiamo bene, anche se a volte tendiamo a rimuoverlo perché non ci tocca direttamente come è avvenuto nei mesi scorsi. Ciò che è avvenuto anche grazie a queste nuove opportunità di comunicazione ci ha resi ancora più inclusivi e capaci di integrare gli altri, senza discriminazioni di alcun tipo. Non abbiamo fatto solo video e dirette con il Direttore, ma abbiamo anche creato molti contenuti con cadenze periodiche regolari sulla base di un preciso piano editoriale coordinato dalla nostra bravissima funzionaria per la comunicazione, Anna Tanzarella, come, ad esempio, laboratori per bambini in cui mettevamo sul nostro sito web – museoetru.it – a disposizione materiale didattico. Da ultimo, mi sembra necessario ricordare come faccio sempre, che i musei devono o dovrebbero anche essere in grado di divertire, perché divertire significa attrarre, includere e stimolare. L’incremento del numero di iscritti e le ore di fruizione che abbiamo registrato sul nostro canale YouTube in questo periodo sono stati sorprendenti e indicano che i visitatori virtuali che hanno scoperto il museo in questo periodo di chiusura sono state di gran lunga superiori di quelle reali dello stesso periodo dello scorso anno. Abbiamo inoltre raggiunto anche molti italiani nel mondo. La disponibilità a pagare per l’offerta digitale non credo sia sostenibile per le persone, ma penso si possa sostenere con la pubblicità e le inserzioni.