Le forme della tutela e della valorizzazione degli Uffici Esportazione: acquisti coattivi all’esportazione

di Sonia Amadio, Funzionario storico dell’arte, Responsabile acquisizioni beni culturali, DG ABAP – Servizio IV, Circolazione internazionale

Negli ultimi anni si è assistito a una crescente attenzione verso le acquisizioni di beni culturali e, nel caso di cui stiamo parlando, verso gli acquisti coattivi all’esportazione. Da una ricerca fatta in quest’occasione, che ha preso in esame gli acquisti portati a termine dalla Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio su proposta degli Uffici esportazione, si è visto che siamo passati dalle dodici acquisizioni del 2016 alle ventisei di quest’anno; nel 2021 addirittura sono state assegnate ai musei ben trentatré beni passati in esportazione. Si tratta di procedimenti il cui numero rispecchia ovviamente la quantità di fondi assegnati sul capitolo di spesa dedicato e infatti nel 2022 gli acquisti sono stati solo ventuno, per una rimodulazione della cifra già stanziata, avvenuta a inizio estate.

Chi intende far uscire in modo definitivo dal territorio italiano beni che non sono stati oggetto di dichiarazione di interesse culturale, appartenenti a privati, deve presentare richiesta agli Uffici esportazione (art. 68 del Codice) che può decidere di proporre alla Direzione generale il bene per un acquisto coattivo, al valore economico indicato nella denuncia (art. 70 del Codice).

L’acquisto coattivo rappresenta una tutela rafforzata del bene e si rivela opportuno quando sia stata acclarata l’esistenza di un interesse culturale talmente rilevante da rendere l’opera meritevole non solo di essere tutelata, ma anche di essere acquisita alle pubbliche raccolte affinché ne venga garantita la pubblica fruizione.

I beni che possono essere oggetto di acquisto ricadono all’interno dei differenti ambiti culturali tutelati dall’articolo 10 del Codice, dunque non solo dipinti e sculture, ma anche beni numismatici, abiti, disegni, manufatti etnici, mobili che vanno significativamente ad integrare le raccolte statali, ma non solo, perché questi possono essere indirizzati anche ai musei civici o alle fondazioni, ma solo in deposito.

Il momento del passaggio in esportazione si rivela spesso fondamentale per formulare nuove attribuzioni, definire cronologicamente l’opera, fare nuove scoperte. È il caso del dipinto raffigurante Il Martirio di Santa Giulia, opera del pittore Sante Cattaneo (1739-1819), che è stato identificato dai funzionari dell’Ufficio esportazione di Milano come la pala d’altare proveniente dalla chiesa bresciana di Santa Giulia e restituito alla città. O ancora del San Paolo passato in asta con una poco credibile attribuzione a Peter de Witte – Pietro Candido (1548 ca. – 1628), riemerso grazie al lavoro dell’Ufficio di Genova e destinato alle Gallerie degli Uffizi e ora attribuito correttamente a Pellegrino Tibaldi (1527 ca. – 1596), che lo eseguì con la collaborazione del giovane allievo milanese Giovanni Pietro Gnocchi (1553 ca. – 1609) per la cappella Borromeo di Santa Maria delle Grazie a Milano.

Le Gallerie dell’Accademia di Venezia hanno di recente allestito una mostra dedicata alle nuove acquisizioni (Da Vivarini a Tiepolo. Nuove acquisizioni per le Gallerie dell’Accademia, 22 giugno 2023-8 gennaio 2024). Si tratta di dieci dipinti, che saranno poi esposti in modo permanente, diversi per tipologia e cronologia, ma che rappresentano significative integrazioni per il museo. Tra questi, ben quattro provengono da acquisti coattivi all’esportazione.

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